« I Maya (part 1): Chichén Itzá »
6 luglio 2012 @ 22:55Rieccoci alle peregrinazioni Messico-Americane del temibile duo, passiamo a parlare dei temibili Maya che tanto vanno di moda avendo preconizzato l’imminente fine del mondo conosciuto.
I Maya hanno lasciato poche testimonianze di sé, soprattutto “grazie” al frate francescano Diego de Landa che da buon cattolico decise di bruciare in un simpatico falò qualche migliaio di corrotti codici Maya.
Chichén Itzá
Chichén Itzá è considerata una sorta di Vaticano Maya, era infatti un importante centro religioso/commerciale.
Secondo la guida (ma premetto che mi sembrava molto brava a romanzare) questi Maya vivevano commerciando… tecnologia, sotto forma di previsioni astronomiche che in gran parte avevano già quando arrivarono sul luogo e fondarono la città.
Se notate lo Yucatan è una terra piatta e senza nemmeno un fiume. La robusta conoscenza astronomica dei Maya di Chichén serviva a prevedere l’arrivo delle piogge, essenziale per avere raccolti decenti.
- L’osservatorio astronomico, centro di produzione della conoscenza a Chichén Itzá
- Kukulcan, il dio serpente piumato adorato dai Maya
- Uno scranno per capi Maya
- Un murales dedicato all‘impresa di Diego de Landa, approvata anche dai piccioni
La tecnologia
I Maya mascheravano la tecnologia con la superstizione, per il popolino i sacerdoti non erano metereologi ma esseri in contatto con gli dei. Chichén è una specie di Gardaland di di effetti speciali costruita per ingannare la masse: la piramide chiamata El Castillo grazie a uno studiato effetto costruttivo restituisce un eco somigliante al verso di un uccello qualsiasi rumore si faccia davanti ad essa, inoltre due volte l’anno (agli equinozi) grazie a un gioco di ombre la figura di un serpente piumato discende una delle scalinate. Inoltre il numero dei suoi gradini e gradoni rappresenta perfettamente l’anno Maya 91 gradoni per lato, più la piattaforma in cima = 365 e l’orientamento cardinale dell’edificio è pressoché perfetto.
Chichén Itzá doveva spaventare e sottomettere, e i sacerdoti residenti dovevano essere trattati come messaggeri degli dei. Il popolino spaventato pagava e tasse e acquistava i buoni auspici per il futuro qualcuno ha detto 8×1000?.
- El Castillo, in tutte le salse, a tutte le ore, con e senza protagonisti
- Una piramide minore
- La piattaforma di venere, pianeta assai amato dai Maya (Kukulcan veniva da lì)
El juego della pelota
I Maya avevano un gioco del pallone, una specie di basket ante litteram in cui squadre contrapposte cercavano di fare gol in una specie di canestro di pietra messo in verticale. Il campo da pallone ha pareti che amplificano le grida degli spettatori (altro giochino ingenieristico per esaltare il popolino).
A proposito di pallone, a chi perdeva gli tagliavano la testa. A volte anche a chi vinceva Se la partita era in onore degli dei, gli si sacrificava il vincitore. Vorrai mica offrire agli dei la schiappa, no?. Una consuetudine che forse non sarebbe male riprendere.
- Varie istantanee del campo
- La piattaforma dei teschi. Pare che ogni teschio sia un giocatore non abbastanza bravo o troppo bravo
I Maya sanguinari
Sebbene fossero meno sanguinari di altri popoli (pare gli Aztechi fossero molto più propensi a sacrificare gente agli dei) i Maya di Chichén Itzá avevano le loro simpatiche tradizioni.
Sacrificavano gente buttandola nel Cenote il pozzo sacro nelle vicinanze, tagliavano le teste dei giocatori di calcio, amavano le immagini di cuori strappati e divorati da bestie mitologiche.
- Simpatia Maya: aquile e ghepardi sacri divorano cuori di malcapitate vittime
- Il sacro cenote, costato tanti sacrifizi ad alcuni Maya
Varie e eventuali
- Un guerriero Maya
- Varie colonne
- L’animale del post: l’iguana. Grassa, pacifica, onnipresente
E per finire…
Qualcuno mi spieghi cosa c@$$o sarebbe questo. No, seriously, o pippavano forte peyote oppure hanno davvero conosciuto creature non di questo mondo. Entrambe le opzioni sono inquietanti.